“La volpe e l’uva” di Vincenzo Brancaccio
“La volpe e l’uva”
Condivido pienamente quanto afferma Bruno Ranucci nel suo articolo “Il tacchino, l’aquila e il Sindacato”, in “dibattito Cisl” dell’11 marzo u.s. Egli, rifacendosi alle storielle brasiliane riportate nel libro di De Masi “Mappa Mundi…”, afferma che da tempo la Cisl, in generale il Sindacato, appare come un tacchino impaurito e accerchiato, debole perché ripiegato su se stesso e immobile, incapace di comportarsi almeno come l’Aquila quando, distruggendo il proprio becco invecchiato su una roccia, ne fa crescere uno nuovo che le consente una seconda e altrettanto lunga vita.
La riflessione di Ranucci me ne stimola altre, non altrettanto pregevolmente sintetiche, e mi fa ripensare anche alla letteratura favolistico-didattica da Esopo a Fedro e la Fontaineper una rifles- sione sul “Sindacato oggi” serena, libera, assolutamente non presuntuosa.
Narra Fedro : “ Fame coacta vulpes alta in vinea uvam adpetebat, summis saliens viribus. Quam tangere ut non potuit, discedens ait : Nondum matura est, nolo acerbam sumere.
Qui, facere quae non possunt, verbis elevant, adscribere hoc debebunt exemplum sibi”.
La favola di Fedro mi sembra consona a individuare quello che, a mio avviso, è stato ed è l’handi- cap concettuale e politico più grave del movimento sindacale negli ultimi dieci anni.
In questo periodo abbiamo avuto analisi continue e approfondite sulle difficoltà economico sociali di questo Paese e sulle colpe della politica, condite con l’appello al senso di responsabilità sempre presente nelle nostre relazioni lunghissime. Tali analisi, sia pur corrette, sono servite, però, non solo al ridimensionamento delle nostre pretese di comuni lavoratori, ma anche,al ridimensiona- mento delle politiche sindacali e alla compromissione del ruolo con grande sconcerto fra gli iscritti.
Il reiterarsi nel tempo di quest’atteggiamento sindacale semi rinunciatario a vantaggio dell’ eserci- zio di un ruolo politico di supplenza, ha sempre più allontanato gli iscritti; nell’immaginario collet- tivo siamo stati criticati a lungo e sempre più accomunati alla politica e ai suoi difetti e insuc- cessi, il legame con gli iscritti si è ridotto al contenzioso, in aumento in maniera direttamente proporzionale alla riduzione del nostro potere politico, e all’utilizzo dei servizi.
Nel tempo all’idea storica di un Sindacato dei lavoratori per i lavoratori si è sostituita quella di un sindacato dei servizi e l’affievolirsi del ruolo sindacale, pure nell’esercizio delle tutele, ha indebolito anche quel ruolo politico che si voleva assumere sempre più marcatamente, in funzione sostitutoria di chi era delegato a svolgerlo e non lo faceva o, se volete, lo faceva male.